Osborne Clarke, con un team composto dal partner Filippo Canepa, dal senior lawyer Valentina Incorvaia e dal lawyer Cristina Ubertis Albano, ha assistito HPE-Holding Partecipazioni Energetiche S.r.l. (già Axopower S.p.A.), holding operante nel mercato dell’energia elettrica, del gas naturale e dell’efficienza energetica, nella procedura di concordato preventivo avviata avanti il Tribunale di Milano e omologata con decreto del 4 ottobre 2022.

L'advisor finanziario Lucciola & Partners, con un team composto dal partner Alessio Turco e dall'associate Gianalberto Mele, ha assistito la società per gli aspetti economico-finanziari e, in collaborazione con il CFO dott. Paolo Bossi, nella redazione del piano industriale posto alla base dell'operazione di ristrutturazione.
L'operazione di ristrutturazione ha ad oggetto un debito di oltre € 30 milioni ed è fondata sulla prosecuzione dell'attività aziendale, incentrata sulla gestione delle società partecipate, e garantisce, anche grazie ad un consistente supporto del management aziendale, il pagamento integrale dei creditori privilegiati e il pagamento, in una percentuale elevata e in tempi piuttosto brevi, dei creditori chirografari. 

Il concordato preventivo si è rivelato il migliore strumento per affrontare la situazione di crisi della Società, acuitasi nel 2019 a seguito di alcune sentenze pronunciate dalla Corte di Cassazione, che hanno dichiarato illegittime e, quindi, da restituire ai clienti, le accise sull'energia elettrica previste dal D.L. n. 511/1988 e versate dai clienti negli anni 2010 e 2011 con il pagamento delle bollette. Più in particolare, HPE, in qualità di grossista di energia elettrica, ha fornito tale commodity ai propri clienti/consumatori finali negli anni 2010 e 2011, operando in qualità di soggetto obbligato al pagamento dell’accisa e delle addizionali a norma dell’art. 52, comma 1, lett. a) del D.Lgs. n. 504/1995 (TUA). La Società, in quanto soggetto obbligato al pagamento, ha quindi esercitato il proprio diritto di rivalsa nei confronti dei clienti, inserendo nelle fatture l’addizionale all’accisa all’epoca vigente: l’addizionale pagata dai clienti è stata poi riversata all’Erario o agli enti competenti a seconda dei casi previsti per legge, in base al meccanismo di liquidazione del tributo. 

Con sentenze n. 15198 del 4 giugno 2019, n. 27099 del 23 ottobre 2019 e n. 27101 del 23 ottobre 2019, la Corte di Cassazione ha ritenuto che l’addizionale provinciale all’accisa sull’energia elettrica fosse contraria alla normativa comunitaria e non avrebbe dovuto essere applicata e, pertanto, ha statuito che poteva essere legittimamente richiesta a rimborso dai clienti al fornitore/soggetto obbligato al pagamento dell’accisa, agendo in sede civile a titolo di indebito soggettivo (azione soggetta all’ordinaria prescrizione decennale). 

Secondo tale meccanismo, soltanto il fornitore dell’energia elettrica avrebbe, in linea di principio, titolo ad agire per il rimborso nei confronti dell’Amministrazione finanziaria, la quale assume una posizione di terzietà rispetto al rapporto tra fornitore e cliente finale e non può, come tale, essere tenuta a rimborsare direttamente a quest’ultimo quanto dallo stesso versato a titolo di accisa. 

Nel caso di HPE, quest’ultima potrebbe recuperare dall’Amministrazione finanziaria le somme da restituire ai clienti soltanto nel caso in cui venisse condannata con sentenza passata in giudicato dal Tribunale civile alla restituzione dell’addizionale ai clienti. Sennonché, tale richiesta potrebbe essere rigettata in prima battuta dagli Uffici dell’Amministrazione finanziaria, con probabile necessità di instaurare un contenzioso dinnanzi alla competente Commissione Tributaria Provinciale avverso tale diniego.

Il complesso meccanismo sopra descritto, evidentemente irrazionale e fortemente antieconomico per tutti i soggetti coinvolti, ha costretto la Società ad elaborare un piano che, bilanciando gli interessi in gioco e tenendo conto della articolata normativa in materia, consentirà di affrontare sia i costi degli eventuali contenziosi avviati per ottenere il rimborso delle accise, sia di sostenere, previo rimborso dell'importo dall'agenzia delle Dogane, i rimborsi eventualmente definitivamente accertati come dovuti.

Tale sistema potrebbe essere superato grazie ad un principio espresso e più volte confermato da plurima giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, nonché dalla Corte di Cassazione nella citata sentenza n. 27099/2019. A mente dei citati arresti giurisprudenziali, infatti, il c.d. principio di effettività impone che il cliente possa agire per il rimborso direttamente nei confronti dell’Amministrazione finanziaria in tutte le ipotesi in cui la richiesta di rimborso nei confronti del fornitore risulti impossibile o eccessivamente difficile per il cliente finale. E l’insolvenza del fornitore pare essere un caso paradigmatico non solo di eccessiva difficoltà del recupero delle accise ingiustamente pagate, ma addirittura di impossibilità di integrale loro recupero.

Qualora venisse accolta tale impostazione, i clienti finali sarebbero legittimati, considerato lo stato di crisi di HPE, a chiedere il rimborso delle addizionali versate direttamente all’Amministrazione finanziaria, venendo conseguentemente meno la necessità per la Società di gestire e affrontare i costi delle cause promosse dai clienti finali e, poi, una volta passate in giudicato le relative sentenze, di curare, con relativo carico di costi, le richieste di rimborso nei confronti dell’Amministrazione finanziaria.

La condivisione da parte del Tribunale di Milano dell'impostazione del piano proposto da HPE e, successivamente, l'omologazione del concordato preventivo sono motivo di grande soddisfazione, perché confermano la corretta impostazione della soluzione studiata dal team di Osborne Clarke per portare a termine con successo una operazione di ristrutturazione articolata e complessa.
 

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