I trasferimenti d'azienda nell'ambito degli strumenti di regolazione della crisi e dell'insolvenza
Published on 10th April 2025
Focus | Composizione negoziata della crisi

L'infelice disallineamento tra le nuove discipline (civilistica e tributaria) in merito alla responsabilità solidale dell'acquirente nelle cessioni d'azienda attuate nella cornice della composizione negoziata della crisi (CNC).
Nelle ipotesi di cessione d'azienda, come noto, il codice civile stabilisce una forma di responsabilità dell’acquirente dell’azienda, in solido con il cedente, per i debiti inerenti all’esercizio della stessa maturati prima del trasferimento, a patto che risultino dai libri contabili obbligatori (art. 2560, comma 2, c.c.).
Al primario scopo di incentivare e premiare i programmi di ristrutturazione attuati dai debitori in crisi e “favorire le alienazioni delle aziende che, se eccessivamente indebitate, non risulterebbero appetibili sul mercato"[1], il legislatore ha introdotto alcune eccezionali deroghe alla disciplina civilistica, che consentono la liberazione dell’acquirente dai debiti antecedenti nel caso in cui il trasferimento dell'azienda venga attuato nel contesto di uno strumento di regolazione della crisi e dell'insolvenza.
Più in particolare, tali deroghe sono espressamente previste dal codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza ("CCII") con riferimento al concordato preventivo (art. 118, comma 8 – e, per un rimando a tale normativa, al concordato semplificato liquidatorio di cui all’art. 25-sexies e al concordato minore di cui all’art. 74) e alla composizione negoziata della crisi (art. 22, comma 1, lett. d), oltreché alla liquidazione giudiziale (art. 214, comma 3).
Le modifiche introdotte dal codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza
Con specifico riferimento alle cessioni d’azienda attuate nel perimetro della composizione negoziata della crisi, come detto, l’art. 22, comma 1, lett. d), CCII prevede la possibilità che la vendita deroghi alla disciplina civilistica dell’art. 2560, comma 2, c.c., purché la vendita stessa sia autorizzata, previa apposita istanza dell'imprenditore, dal competente Tribunale.
Autorizzazione che viene concessa, "dettando le misure ritenute opportune, tenuto conto delle istanze delle parti interessate al fine di tutelare gli interessi coinvolti", previa verifica:
- della funzionalità dell'operazione rispetto alla continuità aziendale e alla miglior soddisfazione dei creditori, al fine di evitare la disgregazione dei valori aziendali e, quindi, che gli interessi dei creditori vengano pregiudicati dalla vendita dell’azienda nel contesto della composizione negoziata; e
- del rispetto del principio di competitività nella selezione dell’acquirente, senza però l'imposizione di particolari formalità, il che consente all'imprenditore di parametrare le forme di pubblicità alla specificità del caso concreto e allo specifico settore di riferimento cui inerisce il compendio aziendale.
L'autorizzazione alla cessione dell'azienda nell'ambito della composizione negoziata della crisi d'impresa non è necessaria per la validità e piena efficacia della cessione stessa, ma lo è per far conseguire all’acquirente il beneficio dell'esenzione dalla responsabilità solidale per i debiti inerenti all’esercizio della azienda ceduta ex art. 2560, comma 2, c.c.[2].
Nella composizione negoziata della crisi, la liberazione dai debiti dell’azienda ceduta, tuttavia, per espresso disposto normativo non si estende a tutti i debiti dell'alienante, restando espressamente (e comprensibilmente) esclusi i debiti nei confronti dei lavoratori, per i quali continuano a rispondere tanto il cedente quanto il cessionario ex art. 2112 c.c. (e fermi restando tutti gli ulteriori obblighi nei confronti dei lavoratori previsti dal medesimo art. 2112 c.c.).
La responsabilità solidale dell'acquirente dell'azienda per i debiti tributari
Fino a pochi mesi fa, secondo l’opinione prevalente, la deroga prevista dall'art. 22 CCII non avrebbe potuto essere estesa neanche ai debiti fiscali, non essendo prevista, per la composizione negoziata, l'esenzione dalla responsabilità solidale dell'acquirente ex art. 14, comma 5 bis, D.Lgs. n. 472/1997 recante "Disposizioni generali in materia di sanzioni amministrative per le violazioni di norme tributarie, a norma dell'articolo 3, comma 133, della legge 23 dicembre 1996, n. 662".
In termini generali, la suddetta normativa, introdotta al fine di tutelare le ragioni dell’Erario, prevede all'art. 14, comma 1, una forma di responsabilità solidale dell’acquirente del complesso aziendale con riguardo ai debiti tributari del cedente. Tale responsabilità (fatto salvo il beneficio della preventiva escussione del cedente) è limitata:
- nell'oggetto, con riferimento alle imposte e sanzioni relative a violazioni commesse dal cedente nel triennio antecedente alla cessione ovvero anche anteriormente, se già irrogate o contestate nel triennio (comma 1);
- nel quantum, entro il valore della cessione (comma 1) e, in ogni caso, entro i limiti del debito risultante, alla data del trasferimento, dagli atti degli uffici finanziari e degli enti preposti all'accertamento dei tributi e, in concreto, dal c.d. "certificato sull'esistenza di contestazioni in corso e di quelle già definite per le quali i debiti non sono stati soddisfatti"; certificato che, se negativo, ha pieno effetto liberatorio del cessionario, del pari liberato ove il certificato non sia rilasciato entro 40 giorni dalla richiesta (comma 2 e 3);
purché la cessione d’azienda non sia stata effettuata “in frode dei crediti tributari ancorché essa sia avvenuta con trasferimento frazionato di singoli beni” (comma 4).
In altre parole, il beneficio dell'esenzione in oggetto viene, comprensibilmente, meno nei casi in cui la cessione abbia un chiaro intendo fraudolento e sia, quindi, dolosamente preordinata alla sottrazione di attivo per l'Erario[3].
Il comma 5 prevede, poi, una presunzione iuris tantum di sussistenza della frode, con riguardo ai trasferimenti effettuati “entro sei mesi dalla constatazione di una violazione penalmente rilevante”.
Ciononostante, e tornando all'ipotesi di vendita nel contesto della composizione negoziata della crisi, il fatto che il trasferimento dell'azienda avvenga a seguito di un'autorizzazione (e, quindi, positivo controllo) del Tribunale potrebbe costituire una valida prova per superare la suddetta presunzione, potendosi ragionevolmente escludere il rischio che tale trasferimento d’azienda sia riconducibile ad un intento (fraudolento) di non pagare le imposte, in considerazione del coinvolgimento a vario titolo dell’Autorità giudiziaria[4].
Ciò brevemente premesso, anche la normativa speciale concernente i debiti tributari, d'accordo con quanto previsto dall'allora vigente Legge Fallimentare, ha escluso, con modifica introdotta dal D.lgs. 158/2015, la responsabilità del cessionario quando la cessione dell’azienda è effettuata da un’impresa in crisi.
In particolare, l'art. 14, comma 5 bis, prevedeva la disapplicazione di quanto previsto dal suddetto comma 1 in caso di cessioni attuate "nell'ambito di una procedura concorsuale, di un accordo di ristrutturazione dei debiti di cui all'articolo 182-bis del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, di un piano attestato ai sensi dell'articolo 67, terzo comma, lettera d), del predetto decreto o di un procedimento di composizione della crisi da sovraindebitamento o di liquidazione del patrimonio".
Con l'entrata in vigore del codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza, che - come noto - ha introdotto una serie di strumenti di regolazione della crisi ulteriori rispetto a quelli sopra elencati, si è sin da subito avvertita l'esigenza di un intervento del legislatore di adeguamento e, in particolare, che venisse inclusa, tra le ipotesi di applicazione dell'esenzione di cui all'art. 14, comma 5 bis, anche la composizione negoziata della crisi che, non essendo una "procedura concorsuale" a tutti gli effetti, veniva esclusa dall'ambito di applicazione di tale normativa (con evidente disincentivo all'utilizzo di tale percorso nei casi in cui i percorsi di risanamento dell'imprenditore avrebbero suggerito una cessione d'azienda).
Il Decreto Sanzioni e le modifiche introdotte all'art. 14 del D.lgs. 472/1997
A (parziale) rimedio di tale disallineamento tra normative è intervenuto il D.Lgs. n. 87/2024 di "Revisione del sistema sanzionatorio tributario" (cd. "Decreto Sanzioni") che, oltre ad operare una generale mitigazione della disciplina delle sanzioni tributarie, tra le altre cose, ha modificato il suddetto art. 5 bis ampliando le ipotesi di esenzione dalla responsabilità solidale ex art. 14, comma 1, ai trasferimenti aziendali attuati "nell'ambito della composizione negoziata della crisi o di uno degli strumenti di regolazione della crisi e dell'insolvenza giudiziale" (art. 3, comma 1, lett. h).
Pertanto, tale modifica consente oggi, in caso di trasferimento dell’azienda nell’ambito della composizione negoziata della crisi, di beneficiare dell'esenzione della responsabilità solidale ex lege per i debiti tributari, circostanza che rende certamente più "appetibile" la vendita per l'acquirente.
Gli entusiasmi derivanti da tale (apparentemente felice) intervento normativo devono, tuttavia, essere immediatamente frenati, in quanto la previsione in esame rischia, in concreto, di trovare scarsa applicazione (quantomeno nel prossimo futuro).
Il Decreto Sanzioni, in vigore dal 29 giugno 2024 (in base alla previsione generale prevista dall'art. 7 dello stesso[5]), ha infatti previsto un ambito di applicazione temporale specifico per il nuovo regime sanzionatorio, stabilendo l'art. 5 che “le disposizioni di cui agli articoli 2, 3 e 4 si applicano alle violazioni commesse a partire dal 1° settembre 2024”, senza operare distinzioni tra disposizioni che effettivamente comportano una modifica del regime sanzionatorio e sono, quindi, correlate al compimento di una violazione tributaria e disposizioni – quale quella in esame – che hanno un evidente diverso contenuto.
Il suddetto art. 5 ha, infatti, suscitato un ampio dibattito, in quanto non solo - in generale - comporta l’impossibilità di applicare le sanzioni amministrative più miti previste dal Decreto Sanzioni alle violazioni già commesse prima del 1 settembre 2024, in chiaro contrasto con il principio del favor rei previsto dallo stesso D.lgs. 472/1997 all'art. 3; ma, soprattutto, con riferimento alla modifica in analisi, comporta, di fatto, l’impossibilità di beneficiare dell’esenzione ex art. 14, comma 5 bis, per la quasi totalità delle cessioni attuate nell'ambito di percorsi di composizione negoziata avviati dopo il 29 giugno 2024.
Basti, infatti, pensare che solamente una società che non ha commesso violazioni di norme fiscali (almeno sino a settembre 2024) potrà procedere alla cessione della propria azienda nell'ambito di un percorso di composizione negoziata beneficiando (il cessionario) di tale esenzione. Ipotesi che, a parere di chi scrive, pare del tutto eccezionale, considerato che i soggetti che decidono oggi di avviare un percorso di regolazione della crisi difficilmente non hanno commesso, prima del 1 settembre 2024, violazioni di norme tributarie.
Commento Osborne Clarke
Ancora una volta, ci si trova purtroppo di fronte ad una disciplina poco coerente, con un evidente disallineamento tra l’esclusione della responsabilità di natura civilistica per i debiti aziendali (accordata espressamente per la composizione negoziata, ex art. 22, comma 1, lett. d CCII, indipendentemente dal periodo di maturazione dei debiti) e l’esclusione della solidarietà tributaria prevista per imposte e sanzioni (che riguarda oggi anche la composizione negoziata, ma solamente con riferimento a debiti maturati dopo il 1 settembre 2024). Disallineamento che, quantomeno oggi e nei prossimi anni a venire, porterà gli operatori del settore, nel caso in cui si ipotizzi una cessione d'azienda e per poter beneficiare dell'esenzione della responsabilità solidale per debiti tributari pregressi, ad escludere la composizione negoziata come percorso per il superamento della crisi e a preferire strumenti decisamente più invasivi per l'imprenditore (quale, ad esempio, il concordato preventivo), in evidente contrasto con il favor del legislatore all'utilizzo della composizione negoziata.
Note
[1] Cass. 8 giugno 2023, n. 16311, reperibile in www.ilcaso.it
[2] Così Trib. Milano 12 agosto 2023, in www.ilcaso.it
[3] Sul punto, la Corte di Cassazione ha avuto modo di chiarire la ratio dell'esclusione prevista dal citato comma 4, rilevando che la disciplina tributaria in questione contiene “misure antielusive a tutela dei crediti tributari, di natura speciale rispetto alla ordinaria disciplina dell’art. 2560 co.2 c.c., evitando che, attraverso il trasferimento dell’azienda o di un ramo d’azienda, od anche mediante il trasferimento frazionato di singoli beni appartenenti al complesso aziendale, l’originaria generale garanzia patrimoniale del debitore possa essere dispersa in pregiudizio dell’interesse pubblico alla riscossione delle entrate finanziare” (cfr., ex multis, Cass. 14 marzo 2014 n. 5979, reperibile in https://def.finanze.it/DocTribFrontend/getGiurisprudenzaDetail.do?id=%7BA449B81C-AF3C-424C-B035-ACFF7ADF2874%7D).
Nello stesso senso, anche la dottrina ha sottolineato come "Il motivo del venir meno dell’esigenza di tutela nella responsabilità del cessionario è chiaramente da ricercarsi nel consilium fraudis tra quest’ultimo e il cedente, vale a dire nella loro volontà di dare luogo al trasferimento del complesso aziendale al fine di recare un danno all’Erario attraverso la riduzione della garanzia patrimoniale del debitore" (G. Andreani e A. Tubelli in "Cessione d’azienda e responsabilità per i debiti tributari dell’impresa in crisi" del 22 luglio 2024).
[4] Così G. Andreani, A. Tubelli, op. cit.
[5] Art. 7, comma 1: "Il presente decreto entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana".