Due diligence ai fini della sostenibilità: la Commissione europea muove un altro passo verso gli obblighi di impresa
Published on 11th May 2022
Il 23 febbraio 2022 la Commissione europea ha adottato la proposta di direttiva UE sulla due diligence delle imprese ai fini della sostenibilità (la "Direttiva"), con l'obiettivo di introdurre obblighi in capo alle società di una certa dimensione in relazione al controllo dell'intera catena del valore per evitare gli impatti negativi, effettivi o potenziali, della loro attività in materia di tutela ambientale e rispetto dei diritti umani.
In particolare, alle imprese verrà richiesto di integrare le proprie politiche aziendali ed adottare procedure che consentano di individuare gli impatti negativi, prevenire e attenuare quelli potenziali nonché arrestare o minimizzare quelli effettivi.
L'efficacia del sistema sarà rafforzata attraverso meccanismi di reclamo in caso sorgano timori legittimi circa i rischi connessi agli impatti negativi, sistemi di monitoraggio e obblighi di comunicazione e trasparenza rispetto all'attività condotta ai fini dell'efficacia del sistema.
Ambito di applicazione
Gli obblighi individuati dalla Direttiva dovranno applicarsi alle società secondo criteri specifici di fatturato netto annuo e numero di dipendenti e, in particolare a:
(a) società costituite in uno Stato UE aventi:
- più di 500 dipendenti (inclusi quelli part-time e altri collaboratori temporanei) e un fatturato netto a livello mondiale di più di 150 milioni di euro;
- più di 250 dipendenti e un fatturato netto a livello mondiale di oltre 40 milioni di euro, se almeno il 50% del fatturato derivi da uno o più settori qualificati ad alto rischio;
(b) società costituite in Paesi Extra UE ma operanti nell'UE quando:
- generano un fatturato netto di 150 milioni di euro nell'UE;
- generano un fatturato di 40 milioni e non superiore a 150 milioni nell'UE, se almeno il 50% del fatturato netto a livello mondiale è stato generato in uno o più settori considerati ad alto rischio dalla Direttiva.
I settori qualificati ad alto rischio sono:
- il settore tessile (tessuti, pellami e relativi prodotti e commercio all'ingrosso di tessuti, abbigliamento e calzature);
- l’agricoltura, la silvicoltura e la pesca, la fabbricazione di prodotti alimentari e il commercio all'ingrosso di materie prime agricole, bestiame, legname, alimenti e bevande;
- l'estrazione di risorse minerarie indipendentemente dal luogo in cui sono estratte (tra cui petrolio greggio, gas naturale, carbone, lignite, metalli e minerali metalliferi, tutti gli altri minerali non metallici e prodotti di cava), la fabbricazione di prodotti in metallo di base, altri prodotti minerali non metallici e prodotti in metallo (macchinari e attrezzature esclusi) e commercio all'ingrosso di risorse minerali, prodotti minerali di base e intermedi (compresi metalli e minerali metalliferi, materiali da costruzione, combustibili, prodotti chimici e altri prodotti intermedi).
Le PMI non rientrano nell'obbligo di istituzione del processo di due diligence considerando importante l'onere finanziario e amministrativo che ne deriverebbe, ma appare evidente che per tante società di piccola e media dimensione, anello delle catene di fornitura di società soggette agli obblighi della Direttiva, la sostenibilità diventerà uno degli obiettivi di qualificazione sul mercato.
Controllo e sanzioni
La proposta di Direttiva prevede anche un sistema di controllo del rispetto degli obblighi di cui alla due diligence di sostenibilità mediante istituzione da parte degli Stati membri di una o più autorità di controllo dotate di risorse e poteri per:
- richiedere informazioni e svolgere indagini sul rispetto degli obblighi;
- avviare indagini d'ufficio o a seguito di segnalazioni circostanziate, quando si disponga di informazioni sufficienti a indicare una possibile violazione da parte di una data società;
- concedere un termine congruo per l'adozione di provvedimenti correttivi in caso di emersione di violazioni;
- adottare sanzioni amministrative.
Le sanzioni amministrative dovranno essere effettive, proporzionate e dissuasive, tener conto della collaborazione della società alla riduzione degli effetti della violazione e, quanto a quelle pecuniarie, basarsi sul fatturato della società.
Gli Stati membri garantiranno l'indipendenza delle autorità di controllo e provvederanno a che esse, così come tutte le persone che lavorano o hanno lavorato per esse e i revisori o periti che agiscono per loro conto, esercitino i poteri di cui dispongono con imparzialità, in trasparenza e nel rispetto degli obblighi di segreto professionale.
È da rimarcare che il sistema di controllo è interfacciato con le società obbligate, le quali saranno tenute a nominare un mandatario, persona fisica o giuridica, domiciliato in uno degli Stati membri in cui la società opera con il compito di cooperare con l'autorità di controllo su tutte le questioni necessarie ad assicurare il rispetto e l'applicazione delle disposizioni nazionali di recepimento della Direttiva.
Responsabilità Civile
L'applicazione di sanzioni amministrative non escluderà la responsabilità civile della società che ha violato gli obblighi previsti dalla Direttiva ed ha provocato impatti negativi in tema di rispetto dei diritti umani e tutela ambientale.
La responsabilità della società potrebbe, tuttavia, essere esclusa quando gli impatti negativi sono derivati da comportamento di partner commerciali pur in presenza di clausole contrattuali che li impegnino al rispetto del codice di condotta e del piano di prevenzione degli impatti negativi del committente, dell'impegno a trasferire obblighi equivalenti agli ulteriori soggetti della catena di fornitura e dell'attuazione di audit circa il rispetto delle clausole contrattuali suddette da parte del partner commerciale.
Anche sotto questa prospettiva appare evidente come l'impatto degli obblighi di due diligence di sostenibilità si estenderà ben oltre le società oggetto del campo di applicazione della Direttiva coinvolgendo le società di filiera che dovranno a loro volta garantire standard operativi adeguati a prevenire impatti negativi.
Il ruolo degli amministratori
La Direttiva individua inoltre un preciso impegno degli Stati membri a integrare tra gli obblighi degli amministratori delle società oggetto dell'obbligo di due diligence di sostenibilità quello di tener conto delle conseguenze in termini di sostenibilità, a breve, medio e lungo termine, delle decisioni che assumono, comprese, se del caso, le conseguenze per i diritti umani, i cambiamenti climatici e l'ambiente.
Gli obiettivi di sostenibilità entreranno pertanto ex lege nei consigli di amministrazione delle società obbligate e il rispetto dei criteri individuati dalla Direttiva non potrà che rientrare tra i doveri di cura dell'assetto organizzativo degli amministratori delegati ai sensi dell'art. 1381 del Codice Civile sia in termini di rispetto degli obblighi che saranno individuati per legge per le società obbligate, sia in termini di garanzia circa l'attuazione di un assetto aziendale sostenibile per le società che sono un anello della catena di fornitura qualificata e che dovranno rispondere a standard di prevenzione e limitazione dei rischi di impatti negativi al fine di restare sul mercato.
Conclusioni
I tempi di approvazione della Direttiva non sono noti perché il dibattito nel Consiglio dell'UE non è stato ancora avviato e, anche a seguito della sua entrata in vigore e successiva trasposizione nel nostro ordinamento, le Società target avranno a disposizione almeno ulteriori due anni per prepararsi.
Tuttavia, deve prendersi atto che il processo verso la regolamentazione sulla sostenibilità delle catene di fornitura, ora formalmente avviato, si innesta su quella che fino ad oggi ha rappresentato una esigenza del mercato che tende a valorizzare ed a premiare le aziende che riescono a qualificare in termini di sostenibilità, rispetto dei diritti umani e tutela ambientale e governance, la propria catena del valore.
I benefici non sono soltanto in termini di immagine, eticità e affidabilità volti a rafforzare i rapporti con gli stakeholders anche finanziari. Un'accurata due diligence della catena di fornitura rappresenta anche uno strumento di controllo interno sui rischi legali, giuslavoristici, civilistici e penali, che di per sé porta valore all'impresa.
Visto in questi termini più ampi, l'avvio di una autovalutazione finalizzata ad evidenziare criticità, lacune o anche spunti di miglioramento ai fini della sostenibilità delle catene del valore non solo può preparare le aziende che rientreranno nel campo di applicazione della Direttiva, ma anche quelle che ne costituiranno un anello della catena del valore, per le quali garantire determinati standard in termini di tutela dei diritti umani e ambiente potrà costituire una leva strategica anche commerciale e contribuire a definirne il posizionamento sul mercato.